Ferro Sette, in un caldo mattino di Napoli.


Mentre, in barba alle previsioni meteo che avevano annunciato catastrofi dirompere su tutto lo stivale, sulla battigia partenopea (Bagnoli compresa) picchiava un caldo sole post-estivo degno della miglior "ottobrata romana", fra le mura di quell'affascinante complesso post-industriale che è la Città della Scienza di Napoli abbiamo parlato anche di Ferro Sette. Di più, il romanzo ha aperto la giornata della domenica, 14 ottobre, nel calendario delle presentazioni e tavole rotonde in programma per "Sessant'anni di Fantascienza in Italia", la kermesse che Roberto Paura e Carmine Treanni hanno magistralmente organizzato per celebrare la storica ricorrenza del sessantennale del primo numero della rivista Urania nel corso della mostra "Futuro Remoto", ancora in piazza per qualche giorno.
Inutile dire quanto mi abbia reso felice che Ferro Sette sia stato inserito per parlare (anche) del "futuro" della fantascienza italiana.
Dopo l'introduzione di Roberto, è stato Carmine a fare da "presenter". 
A entrambi vanno i complimenti per l'intera manifestazione e il ringraziamento per aver voluto anche me per presentare il romanzo e far parte del panel della successiva tavola rotonda insieme a Donato Altomare e Giovanni Di Matteo.


Mi limito a citare, in un comprensibile (spero) moto di narcisismo (attributo in varia misura immancabile a chiunque si dedichi alla scrittura), alcune delle pregevoli parole spese da Carmine Treanni sul mio romanzo, ovvero: "raramente mi è capitato di imbattermi in un romanzo d'esordio così ben fatto" e "un bello stile, pulito, con fraseggi lunghi ma coerenti, chiari e comprensibili", e ancora "una fantascienza ispirata ad autori dei decenni scorsi, di cui si sente forse la mancanza". Mi si perdonino le imprecisioni, ho citato a memoria.
Pronunciate da un esperto come Carmine, che è fra l'altro l'esperto curatore della rivista on-line di fantascienza Delos Science Fiction della Delos Books (sul Numero 146 è uscito la scorsa estate anche un breve prequel di Ferro Sette), e per di più con la generosità congeniale alla sua indole e alla sua provenienza, queste parole sono state davvero, a dir poco, gradite.
Presentare Ferro Sette a Napoli è stata un'esperienza bella e gratificante.
Direi, in una parola, (ir)ripetibile.



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